
Una storia emblematica delle tensioni razziali nell’America di oggi: dopo essere stata ripresa in un video virale per aver rivolto insulti razzisti a un bambino nero, Shiloh Hendricks ha aperto una raccolta fondi per «proteggere la sua famiglia». Pioggia di denaro, ora punta ad arrivare al milione di dollari
La storia non è diversa, nelle premesse, da altre finite nelle cronache negli ultimi anni. Una persona tiene un comportamento odioso, inaccettabile, viene filmata e il video diventa virale sui social. A questo punto però le conclusioni iniziano a distanziarsi nettamente da quello che accadeva nell’America prima del Secondo Trump. Anzi, dell’America trumpiana del 2025 la vicenda sembra diventare un piccolo manifesto della divisione del Paese e delle pulsioni che lo attraversano.
La protagonista della vicenda si chiama Shiloh Hendricks, ha 36 anni, vive a Rochester, Minnesota. Oggi Hendricks è diventata ricca: ha già raccolto online donazioni per oltre 600 mila dollari e la cifra continua a crescere. Lo scopo della campagna di raccolta fondi? «Proteggere la sua famiglia» a seguito della recente «situazione difficile», iniziata quando
Nel video, diventato virale e visto da milioni di persone in tutto il mondo, la donna apostrofa più volte il piccolo con la parola «nigger», un termine che da molti anni negli Usa è considerato tabù. Un retaggio di odio razziale, «l’insulto più infame nella storia degli Stati Uniti», soprattutto se usato da un bianco nei confronti di un nero. A maggior ragione se da un adulto bianco su un bambino nero.
Hendricks accusava il bambino di aver preso un oggetto, un pannolino, appartenente a suo figlio di 18 mesi, che lei tiene in braccio nel video. L’artefice del girato, Sharmake Omar, ha raccontato che il bambino oggetto degli insulti razzisti è di origine somala e soffre di un disturbo che rientra nello spettro autistico. Omar dice di conoscere i genitori del piccolo, che al parco in quel momento stavano sorvegliando altri figli. Quando ha visto la donna rimproverare il bambino, si è sentito in dovere di intervenire, e anche a lui sono stati rivolti insulti razzisti.
Il precedente di Amy Cooper del 2020
In passato episodi simili si erano più o meno sempre conclusi con un finale scontato: il video virale generava una immancabile «shitstorm» nei confronti del protagonista negativo, che in più di un caso, oltre allo stigma sociale, subiva anche conseguenze legali o personali, come il licenziamento. Era andata così, ad esempio, nel caso di Amy Cooper. Nel 2020 un video, anch’esso poi diventato virale, aveva immortalato la canadese Cooper a Central Park, New York, mentre chiamava il 911 per riferire, mentendo, che un uomo afroamericano la stava minacciando. La telefonata alla polizia è iniziata a seguito di un diverbio che Amy Cooper stava avendo con l’uomo, il quale le aveva chiesto di mettere il guinzaglio al suo cane, visto che si trovavano in una zona del parco in cui era obbligatorio farlo. In questo caso però niente donazioni per Amy: la donna è stata travolta dalle critiche, nonché licenziata dal suo posto di lavoro per razzismo.
Ora, nulla di tutto questo è accaduto per Shiloh Hendricks. Che quando la «shitstorm» è montata, non solo non si è scusata né ha detto «sono stata fraintesa». Ma ha rilanciato aprendo una raccolta fondi sul sito web GiveSendGo.
La raccolta fondi
Nella pagina della colletta online, Hendricks scrive: «Mi chiamo Shiloh e mi trovo in una situazione davvero difficile. Di recente, un bambino ha rubato dalla borsa dei pannolini di mio figlio di 18 mesi in un parco. Ho chiamato il bambino per quello che era. Un altro uomo, che recentemente abbiamo scoperto avere un passato con le forze dell’ordine (ovvero il già citato Sharmake Omar: nel 2022 è stato accusato di due violenze sessuali, ma entrambe sono state archiviate, ndr), ha iniziato a filmarmi e a seguirmi fino alla mia auto. Ha poi pubblicato questi video online, causando grande scompiglio a me e alla mia famiglia. Il mio numero di previdenza sociale è stato divulgato. Il mio indirizzo e il mio numero di telefono sono stati divulgati liberamente. I miei familiari stanno subendo attacchi. Il mio figlio maggiore potrebbe non tornare a scuola. Anche il luogo in cui mi alleno è stato rivelato. Sto chiedendo il tuo aiuto per proteggere la mia famiglia. Temo che dovremo trasferirci. Ho due bambini piccoli che non meritano tutto questo. Siamo stati minacciati al limite da persone online. Qualsiasi aiuto è ben accetto! Non possiamo e non vogliamo vivere nella paura!». Anche la raccolta diventa virale e iniziano a piovere soldi. Al momento le donazioni hanno superato quota 22 mila e i dollari raccolti sono più di 600 mila. L’obiettivo della raccolta è stato alzato a 1 milione, dagli iniziali 300 mila.
Secondo quanto affermato da Sharmake Omar, il Dipartimento di Polizia di Rochester è a conoscenza del video pubblicato sui social media, anche grazie a diverse chiamate in merito ricevute. La polizia avrebbe iniziato a indagare sull’episodio di razzismo. Shiloh Hendricks potrebbe essere indagata per crimine d’odio.
Il caso speculare di Karmelo Anthony
La vicenda di Hendricks, che evidentemente ha ricevuto ampio sostegno da una parte bianca e «trumpista» dell’America profonda, è stata comparata a un caso recente, molto diverso ma a suo modo speculare. Anche qui c’è di mezzo una raccolta fondi, che ha superato il mezzo milione di dollari, sullo stesso sito web (GiveSendGo). Il protagonista si chiama Karmelo Anthony (quasi omonimo dell’ex giocatore NbA), è un diciassettenne afroamericano accusato di aver accoltellato e ucciso un altro adolescente, bianco, Austin Metcalf, in una rissa avvenuta durante una gara di atletica per liceali a nord di Dallas lo scorso 2 aprile.
Non è l’unico caso: lo stesso sito ha ospitato una raccolta fondi anche per Kyle Rittenhouse, che è accusato di aver ucciso due uomini a Kenosha nell’agosto 2020 durante una protesta di Black Lives Matter; e per Daniel Penny, un veterano dei Marines accusato di aver ucciso un senzatetto nella metropolitana di New York l’anno scorso.
Riferendosi a questi ultimi due casi, uno dei fondatori di GiveSendGo, Jacob Wells, ha affermato: «Abbiamo avuto molti, molti fondi per la difesa legale di persone accusate di crimini violenti, imputati di aver ucciso delle persone da parte dell’accusa. E così ci siamo detti: “Sapete, questo principio di presunzione di innocenza e di non essere governati dalla folla dovrebbe essere preservato anche in circostanze difficili”, e questo ci ha portato al punto in cui siamo ora».
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