12 Maggio 2025
Vendita dell’ex Ilva a rischio dopo il sequestro, le parole del ministro Urso


L’ex Ilva di Taranto rischia lo spegnimento, come accadde 35 anni fa allo stabilimento di Bagnoli. È il ministro delle Imprese Adolfo Urso a lanciare l’allarme sul rilancio del complesso siderurgico più grande d’Europa, dopo il sequestro all’altoforno 1 da parte della procura di Taranto per un incendio scoppiato in un’area dell’impianto delle Acciaierie d’Italia.

L’incidente non ha provocato feriti, ma la pericolosità dell’episodio e la colonna di fumo nera hanno spinto i pm ad aprire un’inchiesta, che rischia di compromettere la faticosa trattativa per la cessione al gruppo azero Baku Steel.

Contabilità

Buste paga

 

L’avvertimento di Urso

A margine di evento del Mimit a Taranto il ministro Urso ha richiamato l’attenzione sui due pericoli che l’ex Ilva corre con l’apertura dell’indagine, la cassa integrazione per i lavoratori e l’interruzione dei negoziati per la vendita:

Se il sequestro dell’altoforno prevederà anche l’inibizione all’uso dovremo necessariamente aspettarci un forte numero di lavoratori in cassa integrazione e una riduzione significativa della produzione. Ma se il provvedimento inibirà anche la manutenzione degli impianti che deve essere effettuata nelle prossime ore, compromettendo per sempre il ripristino dell’altoforno, potete immaginare quali possono essere le conseguenze.

Ha poi sentenziato, ricordando un famoso stabilimento siderurgico alle porte di Napoli chiuso nel 1990:

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

È chiaro che se qui si crea un’altra Bagnoli, finirà come a Bagnoli.

L’incendio all’altoforno

Il sequestro probatorio senza facoltà d’uso dell’altoforno 1 è stato disposto dalla procura di Taranto, dopo l’incendio scoppiato nella giornata di mercoledì 7 maggio, per la probabile esplosione di una tubiera, con conseguente emissioni di gas non controllati e il cedimento strutturale di una parte dell’impianto, che, stando alla ricostruzione dei magistrati, avrebbe dovuto essere “oggetto di sostituzione completa” tra il 2012 e il 2015.

L’inchiesta firmata dal pm Francesco Ciardo, con le ipotesi di reato di omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose, vede come indagati tre dirigenti di Acciaierie d’Italia, il direttore generale della società, Maurizio Saitta, il direttore dello stabilimento di Taranto, Benedetto Valli, e il direttore dell’area altoforni, Arcangelo De Biasi.

Nelle otto pagine del provvedimento di convalida del sequestro, si ipotizza un comportamento omissivo dell’azienda, che non sarebbe in grado di identificare le cause di un episodio descritto come “incidente rilevante” e che, sostengono i pm, “potrebbe succedere ancora“. Motivo per il quale l’impianto è stato bloccato.

I circa 70 lavoratori dell’altoforno sono stati ricollocati temporaneamente alla formazione, ma i sindacati temono un aumento del numero di casse integrazioni e chiedono un tavolo permanente a Palazzo Chigi.

I rischi dell’ex Ilva

Ulteriori problemi da aggiungere a un quadro molto complesso sull’ex Ilva, in amministrazione straordinaria. Tutta l’area a caldo dell’ex Ilva (cokerie, altiforni, acciaierie etc.) è già sotto sequestro, ma con facoltà d’uso, nell’ambito del processo “Ambiente svenduto”, per il reato di disastro ambientale contestato alla vecchia gestione Riva, rinnovato dal gip di Potenza dopo il trasferimento dalla Corte d’Assise d’Appello di Taranto a quella di Potenza.

L’unico altoforno funzionante attivo dello stabilimento rimane il numero 4 e le ripercussioni sul piano produttivo, finanziario e occupazione sono inevitabili, per un impianto che, come ricordato da Repubblica, ad oggi perde circa un milione di euro al giorno.

Il nuovo stop all’Afo 1, riavviato da solo un anno dopo i lavori di manutenzione, mettono in pericolo la trattiva imbastita con la cordata azera guidata da Baku Steel Company e Azerbaijan Investment Company, che i commissari dell’azienda e il ministro puntavano a chiudere entro l’estate.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Lo ha sottolineato lo stesso titolare del Mimit:

Temo che le ultime notizie non incoraggino i nuovi investitori in quello che è un percorso difficile per tutti, a cui spero che le istituzioni partecipino in maniera propositiva, per evitare che anche gli investitori internazionali che avevano mostrato interesse ad acquisire gli impianti possano essere scoraggiati dal farlo.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere