
Negli ultimi anni, la cyber security nel mondo OT (Operational Technology) ha assunto un ruolo sempre più centrale nel panorama della protezione delle infrastrutture critiche e industriali.
La convergenza tra IT e OT – un tempo divisi da barriere tecnologiche e culturali – ha infatti portato alla luce nuove vulnerabilità, spesso trascurate.
In questo contesto, la CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency) ha pubblicato nel maggio 2025 una sintetica ma efficace fact sheet intitolata “Primary Mitigations to Reduce Cyber Threats to Operational Technology”, una guida operativa che propone sei azioni concrete per ridurre il rischio cyber nei sistemi OT.
Si tratta di indicazioni essenziali, applicabili tanto nei contesti di produzione avanzata quanto nelle PMI manifatturiere, e che possono rappresentare un punto di partenza per strutturare un vero piano di messa in sicurezza del mondo industriale.
Un tema che, in Italia, è ancora troppo spesso affrontato in maniera frammentaria, se non ignorato del tutto.
Il contesto: perché l’OT è così vulnerabile?
La cyber security OT si scontra con alcune peculiarità strutturali del mondo industriale:
- cicli di vita molto lunghi, con tecnologie che restano operative anche per 15-20 anni;
- compatibilità limitata con aggiornamenti, patch e moderni sistemi di sicurezza;
- priorità alla continuità operativa, dove anche una breve interruzione può causare gravi perdite economiche;
- carenza di visibilità, con impianti spesso privi di monitoraggio attivo o mappature aggiornate;
- personale non tecnico, che lavora sugli impianti senza formazione specifica in ambito cyber.
In questo scenario, i criminali informatici trovano terreno fertile: ransomware, attacchi supply chain, APT e gruppi sponsorizzati da stati ostili prendono di mira gli ambienti OT proprio perché più esposti e meno protetti.
E i danni sono immediati: interruzioni di produzione, rischi fisici, perdite economiche e danni reputazionali.
Le sei mitigazioni CISA per la protezione OT
Il documento pubblicato da CISA identifica sei misure prioritarie che ogni organizzazione dovrebbe adottare. Eccole nel dettaglio:
- Segmentare le reti OT dalle reti IT. È la base di ogni architettura sicura. Creare una netta separazione tra mondo IT e mondo OT permette di contenere la superficie di attacco. Segmentazione, VLAN, firewall industriali, DMZ e jump server sono strumenti ormai indispensabili.
- Controllare e limitare l’accesso agli asset OT. È fondamentale implementare controlli di accesso basati sul principio del minimo privilegio. Dove possibile, attivare l’autenticazione a più fattori, anche tramite soluzioni PAM. La gestione delle credenziali (inclusi account di default e password di fabbrica) è spesso trascurata negli impianti industriali.
- Gestire le vulnerabilità note. Sebbene non sempre sia possibile applicare patch in ambienti OT, è comunque essenziale mappare le vulnerabilità, valutarne il rischio e attivare contromisure (virtual patching, isolamento, segmentazione). Framework come IEC 62443 prevedono espressamente una gestione del rischio basata sull’analisi di vulnerabilità note e sfruttabili.
- Monitorare la rete OT per rilevare comportamenti anomali. Introdurre strumenti di Network Detection & Response (NDR) specifici per OT consente di identificare traffico sospetto, tentativi di lateral movement, nuove connessioni non autorizzate. Soluzioni come Claroty, Nozomi Networks o Tenable OT sono pensate proprio per questo contesto.
- Gestire dispositivi portatili e rimovibili. Le USB restano uno dei principali vettori di infezione. Policy chiare, whitelist, dispositivi industriali per il controllo delle porte fisiche e software di scanning automatico sono necessari per impedire che malware possano introdursi “manualmente” negli impianti.
- Preparare e testare piani di risposta agli incidenti OT-specifici. Le IR playbook devono essere personalizzate per gli ambienti OT. Serve un piano che coinvolga operatori, tecnici, IT e responsabili di stabilimento. Esercitazioni periodiche sono fondamentali per essere pronti in caso di incidente reale.
L’urgenza per le aziende italiane: da NIS2 a una vera cultura del rischio
Queste mitigazioni – apparentemente semplici – rappresentano in realtà una rivoluzione culturale per molte imprese italiane, soprattutto per quelle che non rientrano nelle grandi aziende già obbligate alla compliance normativa.
La nuova Direttiva NIS2 impone obblighi di sicurezza anche alle infrastrutture industriali, sia nel settore critico che in quello essenziale. Questo include energetico, manifatturiero, chimico, farmaceutico, alimentare, trasporti e logistica.
Non si tratta solo di “essere compliant”, ma di comprendere che senza sicurezza cyber, non c’è continuità produttiva.
Un ransomware che blocca i PLC non è più solo un problema IT: è un rischio operativo, economico, talvolta persino fisico.
Conclusioni
Le sei azioni indicate da CISA sono un ottimo punto di partenza per ogni azienda industriale.
Non richiedono investimenti enormi né rivoluzioni tecnologiche, ma richiedono volontà, consapevolezza e pianificazione.
Ogni impresa che produce qualcosa – energia, beni, materiali, servizi – dovrebbe oggi porsi una domanda: cosa accadrebbe se il mio impianto si fermasse per un attacco informatico?
Le risposte, purtroppo, sono quasi sempre peggiori di quanto si immagini. Ecco perché agire ora, con competenza e metodo, è l’unico vero investimento sostenibile.
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