4 Maggio 2025
Startup, in Italia il 93% fallisce entro i primi 5 anni


Il mondo delle startup rappresenta un terreno fertile di innovazione e potenziale crescita economica, ma dietro le numerose storie di successo che dominano i media si nasconde una realtà ben più dura: in Italia, circa il 93% delle nuove imprese fallisce nei primi anni di attività. Un dato allarmante che solleva interrogativi cruciali sulle strategie necessarie per sopravvivere e crescere all’interno del mercato.

Stando all’analisi condotta da Movimprese sugli archivi delle Camere di Commercio italiane, tra il 2022 e il 2024 si sono registrate circa 820.000 cessazioni, a fronte di 950.000 nuove imprese. Uno scenario che evidenzia quanto sia difficile portare avanti un’idea innovativa e trasformarla in un’azienda di successo.

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Ma cosa determina il destino di una startup? Perché alcune riescono a crescere mentre altre svaniscono rapidamente?

Un recente studio congiunto delle Università di Roma Tor Vergata, L’Aquila e Sidney ritiene che il motivo sia legato alle diverse strategie di allocazione delle risorse finanziarie.

Perché le startup falliscono? Strategia aggressiva vs conservativa

La ricerca, intitolata “From start to stardom: the impact of resource allocation strategies on new venture survival and growth” è stata condotta dai professori Matteo Cristofaro e Riccardo Cimini dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata insieme a Ivo Hristov dell’Università degli Studi dell’Aquila e Dan Lovallo, dell’Università di Sidney, su 44.559 osservazioni di imprese italiane nel periodo 2011-2019.

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I risultati hanno identificato nella strategia di allocazione delle risorse finanziarie un fattore determinante per il successo o il fallimento di una startup.

Lo studio distingue infatti due approcci principali:

  • strategia conservativa, in cui le startup mantengono alti livelli di liquidità e riducono gli investimenti in asset fisici e intangibili;
  • strategia aggressiva, in cui le startup destinano una parte consistente delle proprie risorse a investimenti in beni tangibili, infrastrutture, ricerca e sviluppo.

Il primo approccio minimizza i rischi iniziali ma limita significativamente le opportunità di crescita, mentre il secondo, seppur più rischioso, permette di consolidare rapidamente la propria posizione nel mercato.

I risultati dello studio rivelano che le imprese che hanno adottato una strategia di allocazione aggressiva delle risorse nei primi quattro anni di vita hanno mostrato risultati significativamente migliori, sia in termini di sopravvivenza che di crescita.


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I vantaggi di un’allocazione aggressiva

I dati presentati nella ricerca mostrano chiaramente come le imprese sopravvissute abbiano mantenuto costantemente un livello più elevato di investimenti in risorse materiali rispetto a quelle fallite. Analogamente, le imprese ad alta crescita hanno allocato una percentuale maggiore dei loro attivi in beni materiali e immateriali rispetto alle imprese a bassa crescita.

Secondo lo studio, investire strategicamente nelle fasi iniziali genera diversi vantaggi:

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  • destinare risorse a strumenti produttivi rafforza la credibilità dell’impresa agli occhi di investitori e partner strategici;
  • investire in impianti e macchinari crea una base operativa stabile, migliorando efficienza e capacità produttiva;
  • una migliore operatività attira più clienti e nuovi investimenti, creando un circolo virtuoso di crescita;
  • le aziende che scelgono di investire in modo coraggioso stabiliscono fin dall’inizio una mentalità orientata alla crescita.

La lezione per gli imprenditori e il ruolo delle politiche pubbliche

La lezione che emerge dallo studio è che avere il coraggio di investire nelle prime fasi rappresenta spesso la differenza tra sopravvivenza e fallimento di una startup.

Se da un lato mantenere una certa liquidità è essenziale per gestire le incertezze del mercato, dall’altro investire in modo strategico consente di costruire una base solida per crescere e restare competitivi.

Fortunatamente le startup italiane non sono sole in questa sfida. Programmi come il Piano Transizione 5.0, con una dotazione di 12,7 miliardi di euro, e il programma Beni Strumentali – Nuova Sabatini rappresentano strumenti preziosi per sostenere strategie di investimento orientate alla crescita.

Tuttavia, gli esperti sottolineano che per garantire un impatto duraturo è fondamentale che questi non restino iniziative sporadiche. Serve una politica industriale basata su un quadro normativo stabile e a lungo termine, che possa incentivare le startup a intraprendere scelte strategiche senza il timore di trovarsi prive di supporto dopo pochi anni.


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