
Per le imprese in difficoltà finanziaria una prima possibile soluzione da perseguire, rispetto al ricorso ai più impattanti strumenti forniti dal Codice della crisi (in primis la Composizione negoziata), è rappresentata dalla sospensione temporanea del pagamento delle rate dei mutui bancari.
Visto l’intensificarsi di richieste in tal senso da parte delle imprese italiane, di recente l’ABI ha elaborato – nell’ambito del tavolo di coordinamento con le Associazioni di categoria delle imprese e in collaborazione con il Fondo di garanzia per le PMI, ISMEA e SACE – le “Linee Guida” che illustrano i presupposti, le procedure, nonché il quadro normativo e regolamentare, in base ai quali è possibile ottenere dalle banche la sospensione del pagamento delle rate per un periodo circoscritto di tempo, in attesa della piena ripresa dell’attività economica.
L’accoglimento delle richieste di sospensione non è ovviamente automatico, ma legato alle valutazioni di natura creditizia da parte della banca (anche alla luce della disciplina di vigilanza a cui è soggetta), la quale dovrà verificare il carattere transitorio delle difficoltà finanziarie e la conseguente possibilità di ripristinare le condizioni di sostenibilità dei pagamenti relativi alle esposizioni in essere.
La sospensione del pagamento delle rate può essere realizzata secondo modalità diverse, ovvero con riferimento all’intera rata (capitale più interessi) o alla sola quota capitale; ciò in considerazione delle esigenze finanziarie dell’impresa, nonché dei possibili riflessi in termini di classificazione della posizione, secondo le regole di vigilanza prudenziale delle banche.
A tale riguardo, le Linee Guida osservano che la sospensione della sola quota capitale minimizza i possibili impatti negativi per l’impresa derivanti dall’applicazione delle regole di vigilanza bancaria sulle misure di concessione. Inoltre, risulta più agevole gestire il pagamento degli interessi, evitando l’accumulo di un debito eccessivo a carico dell’impresa.
La soluzione migliore è, dunque, quella di prevedere il pagamento della sola quota “interessi” delle rate sospese e lo slittamento in avanti del piano di ammortamento originario per un periodo di tempo analogo a quello della sospensione (tenendo presenti eventuali limiti circa la durata massima del finanziamento o della relativa garanzia, previsti dalla normativa vigente).
Come evidenziato anche dalle Linee Guida, sarebbe buona norma durante il periodo di sospensione delle rate tenere costantemente informata la banca (eventualmente sulla base di report periodici predisposti da consulenti indipendenti), in merito all’evoluzione della situazione economica-finanziaria dell’impresa e della sua capacità di riprendere il regolare rimborso del finanziamento al termine del periodo di sospensione.
Come accennato, a fronte della concessione della sospensione delle rate occorre tenere in considerazione gli effetti ai fini della classificazione della posizione da parte della banca.
In particolare, come indicato dalle Linee Guida, la sospensione del rimborso del finanziamento in favore di un’impresa in difficoltà finanziaria, secondo l’attuale disciplina di vigilanza bancaria di matrice europea, si configura come una misura di concessione, cioè una facilitazione nel rimborso del credito (c.d. “misura di tolleranza” o “forbearance”).
Ciò comporta che la banca che concede la sospensione temporanea debba obbligatoriamente effettuare una nuova valutazione dell’impresa debitrice (al di là di quanto previsto dalla propria policy interna in materia di monitoraggio) e verificare il corretto stato di rischio della sua esposizione, con l’applicazione dell’attributo “forborne”, che segnala l’applicazione della misura di facilitazione nel rimborso.
Si tratta di un attributo “trasversale” alle varie categorie di classificazione dei crediti, in quanto le misure di forbearance possono riguardare sia posizioni in bonis (“performing”), che quelle deteriorate (“non performing”).
In ogni caso, la segnalazione in “forborne” è una informazione che rimane all’interno della banca e non è comunicata in Centrale Rischi, ma riduce certamente i margini di operatività con la banca stessa, soprattutto per quanto riguarda l’eventuale concessione di nuove linee di finanziamento.
La qualifica “forborne” può essere eliminata definitivamente, solo quando sono rispettate tutte le condizioni seguenti:
- siano trascorsi almeno 2 anni dalla data in cui il finanziamento oggetto della sospensione del rimborso è stato riclassificato come esposizione in bonis (c.d. “periodo di prova”);
- sono stati effettuati pagamenti regolari e a scadenza per almeno la metà del periodo in cui il finanziamento è nel “periodo di prova”, con conseguente pagamento di un sostanziale importo aggregato di capitale o interessi;
- nessuna delle esposizioni verso il debitore è scaduta da più di 30 giorni.
Invece, il finanziamento oggetto di sospensione del rimborso va classificato “in default” qualora:
- abbia già ottenuto un’analoga facilitazione di rimborso nell’anno precedente, che ha consentito allo stesso di uscire dalla classificazione di default;
- abbia già ottenuto un’analoga facilitazione nei due anni precedenti e presenti uno scaduto di oltre 30 giorni.
La classificazione in default si applica anche qualora la facilitazione nel rimborso del finanziamento comporti per la banca una riduzione del valore attuale netto dei flussi di cassa derivanti dal finanziamento superiore all’1%.
Proprio per evitare il verificarsi di tale rischio di classificazione è sempre preferibile che la sospensione del pagamento riguardi la sola quota capitale delle rate del mutuo.
Anche il finanziamento in default non va segnalato in Centrale Rischi, a meno che lo stesso non sia classificato in sofferenza, in quanto la banca ritiene che non ci sia più possibilità di recupero del credito senza l’avvio delle procedure esecutive.
Va poi considerato che, qualora il finanziamento oggetto di sospensione sia assistito da garanzia pubblica (Fondo di garanzia PMI, SACE e ISMEA), occorrerà anche prolungare la validità delle garanzie a fronte dell’allungamento del piano di ammortamento conseguente alla sospensione delle rate.
Nelle Linee Guida sono indicate, in sintesi, le modalità e le condizioni per ottenere l’allungamento delle garanzie prestate dal Fondo di garanzia per le PMI, da ISMEA e da SACE sui finanziamenti per i quali è richiesta la sospensione del rimborso delle rate.
Per quanto riguarda le garanzie del Fondo PMI, che sono quelle più ricorrenti, le procedure sono quelle di seguito indicate.
Per il prolungamento della garanzia su finanziamenti “in bonis”, la relativa richiesta, a seguito di sospensione del pagamento delle rate del finanziamento (solo quota capitale, ovvero intera rata), è deliberata dal Fondo PMI, previa la sola valutazione della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi che avevano consentito il rilascio della garanzia originaria. Al riguardo, va però considerato che, in questo caso, l’adeguamento della garanzia concessa sulla durata aggiuntiva del finanziamento rappresenta un maggiore elemento di aiuto e come tale incide sul massimale che l’impresa ha a disposizione in relazione al regime di aiuto sulla base del quale la copertura era stata concessa.
Nella maggior parte dei casi, però, in presenza di una sospensione del pagamento delle rate del finanziamento le banche applicheranno la procedura di prolungamento della garanzia statale “per temporanea difficoltà dell’impresa”. Lo stato di temporanea difficoltà può, infatti, risultare sia dalla presenza di insoluti (rate scadute non pagate, ovvero sconfinamenti) sia da difficoltà nell’adempiere al rimborso del finanziamento in assenza di un prolungamento del piano di ammortamento, che è generalmente la motivazione per cui si chiede la sospensione temporanea delle rate.
La richiesta di prolungamento della garanzia per temporanea difficoltà dell’impresa è di solito accolta positivamente dal Fondo PMI, ma va tenuto in considerazione che ciò comporta l’impossibilità per l’impresa di ottenere nuove garanzie da parte del Fondo stesso fino alla totale estinzione del finanziamento oggetto di sospensione. Invece, in tale ipotesi l’adeguamento della garanzia concessa sulla durata aggiuntiva del finanziamento non genera ulteriore elemento di aiuto e, pertanto, non incide sul massimale che l’impresa ha a disposizione in relazione al regime di aiuto sulla base del quale la copertura era stata concessa.
Più agevole è il prolungamento delle garanzie che sono state concesse ai sensi del Quadro Temporaneo (c.d. “Temporary Framework”) sugli aiuti di stato straordinari (emergenza del Covid-19 e sostegno all’economia nel contesto dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia). In tale ipotesi, infatti, la durata della garanzia può andare anche oltre gli 8 anni.
Analogamente, è possibile prolungare le garanzie concesse dal Fondo PMI ai sensi dalla lettera m), comma 1, dell’articolo 13, D.L. 23/2020 (“DL Liquidità”), oltre la durata massima di 180 mesi.
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